Progettazione e preoccupazione: due modi diversi per approcciare il nostro futuro
Vi ricorderete che mi sono occupato dell’importanza di vivere il presente consapevoli che ciò che è passato ormai non esiste più e non potrà più in futuro ripetersi con modalità uguali e che neanche il futuro esiste perché non si è ancora realizzato e se mai si realizzerà sarà comunque diverso da come oggi lo possiamo immaginare.
Nell’articolo abbiamo dato conseguentemente spazio al modo comportamentale più opportuno per vivere il presente (ricorderete soprattutto il concetto di “dilatare ogni istante che viviamo”); con l’articolo di oggi ci occuperemo invece di come dovremo comportarci di fronte al nostro “futuro”
Ci sono due modi per approcciare un evento futuro: uno è assumere un atteggiamento di positivo accoglimento, costruttivo nei confronti dell’evento stesso; l’altro è prendere una posizione di attesa critica rispetto all’evento che deve verificarsi, lasciandoci pervadere da uno stato psicologico negativo di preoccupazione. Tutto dipende dalla naturale visione prospettica che abbiamo nei confronti del nostro futuro.
Il futuro fa parte di noi, ma è comunque un obiettivo, un ideale, un risultato cui tendere e questa tensione non può non rientrare nella naturale esigenza che ognuno di noi avverte verso ciò che lo aspetta.
E’ bene allora ricordare che l’atteggiamento mentale da noi sempre suggerito, quello di vivere il presente, non si identifica nell’inutilità di una previsione ragionata di quanto potrà accaderci domani, tra un mese, o tra un anno: l’attualizzazione dell’istante non esclude infatti la progettazione intesa come ragionata e serena riflessione sugli obiettivi e sui risultati che vogliamo raggiungere. E questo è un atteggiamento comportamentale costruttivo che giustifica la mens sapiens e ne fa uno strumento di ricerca evolutiva. Ciò che continuiamo a sostenere è che tale atteggiamento non deve essere caratterizzato da sensazioni di malessere psicofisico anticipato prima ancora che l’evento si realizzi.
Abbiamo parlato del futuro come di un obiettivo cui tendere, facendo quindi riferimento al significato dinamico e costruttivo del termine “tensione” (e cioè: sollecitazione che si genera al nostro interno in funzione dell’ottenimento di un risultato in seguito a una nostra azione psicofisica) e non a quello statico-distruttivo (e cioè: sforzo intellettuale molto intenso e ripetuto accompagnato da ansia anticipatoria).
Un atteggiamento di positivo accoglimento, nei confronti dell’evento, anche se caratterizzato da uno sforzo, sarà sempre guidato dall’entusiasmo di una progettazione desiderata o comunque razionalmente guidata verso un obiettivo ben preciso. Mentre un atteggiamento di attesa critica rispetto all’evento che deve verificarsi, sarà dominato dall’ansia e dalla preoccupazione, rischiando di rivelarsi distruttivo per il nostro equilibrio psicofisico che viene anticipatamente calato in una situazione psicologica negativa (che potrebbe anche non verificarsi), rendendo negativo anche il presente e distruggendo quindi quell’unico irripetibile istante che varrebbe la pena vivere.
Non solo gli sprechi di energia legati alle preoccupazioni e ai tormenti per il futuro non risolvono i problemi che arriveranno ma ci impediscono anche di vivere serenamente l’unica cosa sicura che abbiamo: l’oggi.
Autore: Avv. Gerry Chirò, Naturopata