La fisiognomica (dal greco physis, natura e gnomon, conoscitore, interprete) è una disciplina antica la cui denominazione è attribuita ad Aristotele, nel Medioevo parecchi autori si cimentarono nell’analisi e interpretazione del volto da Pietro d’Abano a Savonarola. Anche Paracelso (1493-1541) si servì della lettura del cranio e del volto per approcciarsi all’uomo e estese la metodologia alla valutazione fisiognomica di tutto il corpo umano. Egli tramite la dottrina delle “segnature” ricercava tramite il volto la corrispondenza fra micro e macrocosmo.
Altro insigne autore fu Gerolamo Cardano (1501-1576)il quale basò il suo metodo di interpretazione del viso in relazione ai nei correlati ai segni dello Zodiaco. Importanti studi vennero poi effettuati da Leonardo da Vinci fino ad arrivare alle ipotesi di Léon Vànnier un medico omeopata che ha tentato di utilizzare la fisiognomica come strumento applicabile a fini diretti e empirici.
Vànnier riconosce otto tipi di volto fondamentali che chiama prototipi e indica con figure mitologiche, provviste chiaramente di una profonda valenza simbolica: Marte, Saturno, Apollo, Giove, Venere, Mercurio, Luna e Terra. Chiaramente ogni creatura umana presenta più aspetti per cui non esiste il prototipo puro ma diversi prototipi associati. Questa associazione costituisce il Metatipo. [1]
Per quanto riguarda i segni sul viso vanno suddivisi in varie categorie, le principali sono cinque: infiammatori, ipofunzionali, degenerativi, costituzionali, traumatici. I primi generalmente sono rossastri e fra questi includiamo i foruncoli e l’acne, denotano processi infiammatori acuti e subacuti nella zona riflessa corrispondente e nel tessuto epidermico.
I segni ipofunzionali sono invece scuri, da rosso scuro a viola o marrone, indicano tendenza alla cronicità e mancanza di funzionalità dell’organo. Questi due tipi di segni spesso sono misti nella stessa zona. I nei, soprattutto quando cambiano nella morfologia e nel volume, sono da considerarsi segni degenerativi, ma anche le rughe profonde o vitiligine profonda o gonfiori evidenti e persistenti in aree specifiche del viso; aree infossate. Questi segni indicano chiaramente sofferenza d’organo. I segni costituzionali sono nei o voglie. Quelli traumatici cicatrici o cheloidi da non confondere con altri segni. [2]
La riflessologia facciale ha diverse mappe secondo la tradizione cui fa riferimento, la tecnica maggiormente conosciuta e che ha fatto di questa pratica una vera e propria disciplina olistica completa è la DIEN CHAN messa a punto circa trent’anni fa in Vietnam dal maestro Bùi Quoc Chau il quale costretto a soccorrere tanti feriti durante la guerra iniziò a trattare i punti del volto (la parte del corpo spesso più facile da raggiungere) e notò i benefici immediati su alcune zone del corpo. Proseguendo con la sua analisi arrivò a identificare fino a 633 punti e a sovrapporre varie mappe sulle stesse zone.[3] La stessa Medicina Tradizionale Cinese ha chiaramente indicato delle zone riflesse in base alle linee e ai punti dei meridiani che attraversano il volto stesso.
Peter Mandel nel suo testo Compendium of the Ophtalmtropic Genetic Therapy – OGT in relazione ai segni sulle zone riflesse del viso fa riferimento alle osservazioni di due studiosi Dr Markgraf e Natale Ferronato e identifica dei possibili campi di “patofisiognomica” che andrebbero ad indicare chiari segnali patologici[4] e che corrispondono alle zone riflesse dei circuiti funzionali sul volto.