“Dedico questo articolo a tutte le persone che mi vogliono bene e sono di costante inspirazione per me”. Penso sia sufficiente portare alla luce solo il bene che le persone ci dimostrano al di là delle mere parole, un bene che ci parla di presenze, spesso silenziose, ma che ti sanno accarezzare l’anima in una maniera a dir poco meravigliosa e sorprendente.
E come loro mi hanno aperto il loro cuore, regalando tantissimi doni alla mia anima, così oggi apro il mio cuore a voi, consapevole di piantare dei piccoli semi che, con tempo, costanza ed amore potranno germogliare e diventare alberi maestosi e secolari. Come dico sempre alle persone che mi sono care, “tutto arriva al momento giusto, basta saper aspettare”.
Pertanto scrivo questo articolo “a braccio”, svuotandolo di ogni tipo di nozionismo o tecnicismo, ed esprimendo semplicemente ed umilmente quello che oggi mi viene da dirvi. La nostra moderna società ci dà forse molti, troppi stimoli: siamo cresciuti in tecnologia, nel progresso.
Ma questo progresso ed il conseguente benessere che ne è derivato sembra che ci abbiano impoverito dentro.
Sembriamo sempre più simili alle macchine ed agli androidi che stiamo costruendo: loro si fanno sempre più sofisticati ed intelligenti, e noi sembriamo, per contro, sempre più “meccanizzati” e schiavi dei macchinari che costruiamo.
In un “circo virtuale” senza precedenti che si è fatto avanti sin dall’avvio di internet e dello stesso Web Space, sembra che stiamo iniziando a perdere noi stessi e la nostra quotidianità. Ore ed ore passate davanti al computer o nei social network ci stanno privando di quella dimensione di umanità che ci è da sempre necessaria.
Lungi da me dal criticare le moderne tecnologie, che hanno l’indiscutibile vantaggio di rendere tutto più accessibile e veloce, desidero invece porre l’accento sull’altra faccia della medaglia di una realtà così complessa.
La tecnologia comporta conoscenza, ma tale conoscenza alle volte ci pone delle conseguenze indesiderate: ci rende più soli, e spesso anche più frustrati, ci rende anonimi ed avulsi da una realtà fisica che pur sempre deve essere tenuta presente nel nostro quotidiano, ovvero la nostra fisicità, il nostro corpo. Lo diamo per scontato, forse nemmeno ne abbiamo coscienza alle volte, ma il nostro corpo è il nostro vascello materiale, il quale, a sua volta, è anche il vascello del nostro spirito.
Esso ci parla in un linguaggio intuitivo, sottile, il quale è composto di sensazioni, emozioni, dolori fisici, stanchezza mentale ed altri input i quali, se non vengono ascoltati, possono essere fonte di disagi più o meno importanti. Ergo, ne consegue che del nostro corpo dobbiamo sempre prenderci cura, capire i suoi ritmi, amarlo e rispettarlo per come esso è, nel “Qui ed Ora”. E non in un ipotetico “domani”, perché oggi “non ho tempo”.
Di conseguenza, ciò significa non limitarsi a considerare questo corpo solo come una “macchina meravigliosa”, perché se ci fermiamo a questo limitato aspetto, va precisato che anche questa macchina finirà prima o poi per guastarsi, solo che non sempre abbiamo tutte le “parti di ricambio”.
E allora si impone una doverosa riflessione, che non deve mai sfuggirci. Questo nostro corpo va ascoltato con amorevole consapevolezza, dando parola a una parte di noi che tendiamo sempre a tenere soggiogata ed incatenata, ovvero il nostro inconscio.
Si perché solo il nostro inconscio è in grado di interpretare senza filtri i segnali che il nostro corpo ci manda.
Impariamo quindi ad ascoltare il nostro corpo, nel Qui ed Ora, in modo da comprendere il suo linguaggio, in modo da quegli prevenire errori di cui potremmo pentirci in seguito.
Basti pensare a porre attenzione a tutti quei sintomi che ci parlano di un organismo disidratato, quali l’irritazione agli occhi, la pelle con fenomeni di secchezza, la difficoltà a concentrarsi, i crampi e spasmi muscolari, ecc.: sono tutti sintomi che ci parlano, più o meno chiaramente, di una esigenza che non può essere ignorata, altrimenti si va incontro a conseguenze ancora più gravi e spiacevoli, che risultano essere concatenate ai primi sintomi che si sono presentati.
Questa “educazione” deve partire da noi, affinché possa essere insegnata anche ai nostri figli, che sono l’estensione del nostro amore. Essi dovranno imparare a non forzare la loro natura, ad amarsi e rispettarsi, e soprattutto a non fare cose contrarie alla loro volontà.
Ed il vero compito del genitore è, poi, accompagnarli per insegnare loro ad essere autonomi, a gestire la loro vita, e quindi a calibrarsi ed a prendere coscienza di cosa possono o non possono fare.
Ma questo deve partire prima da noi. E come farlo? Ascoltando e guardando con amorevole gentilezza il nostro corpo. Si anche guardando, poiché il nostro corpo è un perfetto registratore di tutte le nostre esperienze traumatiche e di ogni blocco a livello energetico che può essersi formato nel corso degli anni.
Poiché il nostro corpo mai mentirà, mentre la mente, per non farci uscire dalla nostra “area di comfort”, può persino arrivare a mentirci pur di mantenere i vecchi schemi di comportamento (anche se irrazionali) che ha sempre conosciuto, e che sono per lei una ancora di salvezza, pur se illusoria e fittizia.
Vi invito quindi il nostro corpo nell’oggi, per garantirci un benessere ed un futuro migliore, poiché solo noi siamo i capitani di questa meravigliosa nave che si chiama “corpo umano”. Namasté e Buona Vita.