Sono tornata da pochi giorni da questa esperienza unica. il Cammino di Santiago, un pellegrinaggio di circa 800 km (ho percorso il Cammino Francès da St. Jean Pied-de-Port) che chiama a sé ogni anno migliaia di persone.
Il Cammino di Santiago
Sono tornata da pochi giorni da questa esperienza che potrei definire unica…il Cammino di Santiago, un pellegrinaggio di circa 800 km (ho percorso il Cammino Francès da St. Jean Pied-de-Port) che chiama a sé ogni anno migliaia di persone, ognuna con la sua motivazione e determinazione a raggiungere la meta: Santiago de Compostela.
Sono partita anch’io determinata a raggiungere Santiago ma quando ci sono arrivata non potevo credere che io, proprio io, avevo camminato per 800 km ed ero davvero arrivata fin lì: ce l’avevo fatta! L’emozione è indescrivibile…
Cosa mi ha spinta a percorrere il Cammino?
Me lo sono chiesta spesso e la risposta non è semplice. Vorrei riportare la poesia di un anonimo pellegrino che ho trovata scritta in un libro:
“Perché ingoio la polvere secca,
perché ho il fango sui piedi doloranti,
perché faccio cadere sulla mia pelle la pioggia scrosciante e il sole cocente?
Per le belle città? Per le chiese?
Per il cibo? Per il vino?
No. Perché sono stato chiamato.”
Ho iniziato a pensare al Cammino qualche anno fa, con il tempo l’esigenza è diventata sempre più grande, finché un giorno ho trovato finalmente il coraggio di partire.
Ho preso tutte le informazioni necessarie, ho preparato il mio zaino e sono salita sul treno…..
Sono partita con un’amica ma ben presto, nonostante ci incontrassimo ogni sera a fine tappa, abbiamo compreso che ognuna doveva compiere il suo Cammino, con il suo ritmo, con le sue esigenze. Ho camminato spesso sola o con compagni occasionali, si fa per dire, perché molti di loro sono diventati poi gli amici con cui trascorrere qualche ora piacevole alla fine della tappa.
Arrivata a St. Jean Pied-de-Port, un piccolo villaggio francese ai piedi dei Pirenei da cui parte il Cammino verso Santiago, le emozioni erano contrastanti….voglia di partire e timore allo stesso tempo, ma poi si parte e tutto acquista un altro significato.
Sono entrata in una dimensione completamente diversa da quella cui sono abituata, la vita del pellegrino è estremamente essenziale, ci si preoccupa di ben poche cose, anzi in realtà non ci si preoccupa affatto, le situazioni sono lì e si affrontano nel momento in cui capitano.
Si cammina, sempre avanti, ci si procura cibo e acqua necessari per la giornata e nulla più, lo zaino pesa e non ci si può permettere di avere con sé nulla che non sia strettamente necessario, il superfluo non te lo puoi permettere, rischi di rimanere inchiodato lì e non riuscire più a proseguire!
Ho letto qualche libro prima di partire, testimonianze di pellegrini, molto utili e interessanti. Una cosa però non avevo percepito da queste letture (non so dire se perché non abbastanza sottolineata oppure se io non ho voluto capire…): l’immenso sforzo fisico che il Cammino richiede.
Forse alla fine di un’esperienza simile si tende a dimenticare il dolore e a portare con sé solo la parte positiva, ma attraverso il dolore si passa, eccome! La prima settimana il corpo deve adattarsi a camminare molti chilometri al giorno con lo zaino sulle spalle e questo per circa un mese, un giorno dopo l’altro…. Io amo camminare, in montagna e in pianura, ma le condizioni alle quali mi sono trovata sottoposta non sono paragonabili a niente di tutto quello che sono solita fare. I piedi fanno male, le spalle, tutti i muscoli fanno male, poi si impara a gestire il proprio corpo, si impara a conoscersi…
Il cammino è davvero un incontro con se stessi…
attraverso il corpo, i suoi dolori e le sue richieste, bisogna prestargli attenzione, senza di lui non si va da nessuna parte
attraverso la mente, quando si cammina soli e tutto intorno c’è il nulla emerge di tutto da dentro, ricordi, emozioni, interrogativi, sogni
attraverso l’incontro con gli altri, mai come in questa situazione il confronto con gli altri diventa importante, con chi ci piace e con chi non ci piace; si condivide tutto, non esiste privacy, i rifugi per pellegrini ti offrono una sistemazione in camerata, tutto è condiviso, camera, bagni, cucina, ogni spazio è di tutti, per l’incontro…e per lo scontro!
Così si impara ad essere se stessi, ad ascoltarsi, è fondamentale, pur nel rispetto degli altri, dei loro spazi e delle loro esigenze, ma alla fine è sempre con me stessa che ho dovuto fare i conti.
Ho dovuto comprendere le mie necessità, fare i conti con le mie emozioni, confrontarmi con i miei limiti, raggiungerli e anche superarli perché così richiedeva il momento, senza lamentele perché lamentarsi non cambia le cose.
Sono arrivata alla fine di una tappa di 34 km sull’orlo delle lacrime dicendo “mai più una tappa così lunga!” e dopo una settimana avevo ancora le lacrime agli occhi, questa volta per la gioia di avere raggiunto la fine di una tappa e di km ne avevo camminati 37!! Avevo deciso di farlo e l’ho fatto!!
Questo è il Cammino….ti insegna che sei più forte di quello che credi, che rendere una cosa possibile o impossibile dipende da te.
Il saluto medioevale del Cammino è “Ultreya!” che significa “sempre avanti!” e il Cammino è così, si procede sempre in avanti, dall’inizio alla fine tutto è provvisorio, dalla terra sulla quale cammini alle persone che incontri, dai luoghi che attraversi a quelli in cui ti fermi per il meritato riposo. Tutto questo è adesso, domani non ci sarà più, ci sarà qualcos’altro, ma non si sa cosa….”Ultreya!”
Così si impara a non attaccarsi alle cose, alle situazioni, ai luoghi, si impara a cogliere l’attimo, a viverlo ora perché quello che lasci indietro non tornerà.
Il passato è passato, il futuro non lo conosciamo, c’è solo il presente ed è nel presente che dobbiamo cogliere i doni che ci vengono dati e avere fiducia che le nostre necessità saranno sempre soddisfatte. Chiedi e ti sarà dato…
In fondo ho viaggiato solo con le mie gambe e il mio zaino per un mese ma non mi è mai mancato nulla e non avevo bisogno di nulla più di ciò che avevo.
Ho camminato in luoghi bellissimi, in mezzo ad una natura meravigliosa, ho incontrato persone speciali, ho visto persone compiere il Cammino nonostante handicap fisici e mi sono sentita fortunata, ho pianto, ho riso e mi sono anche arrabbiata, ho sopportato disagi e ho vissuto momenti meravigliosi…
Per questo e per tanto altro ringrazio il Cammino di Santiago, ce l’ha messa tutta per insegnarmi le sue lezioni e spero di essere altrettanto brava da applicarle nella mia vita quotidiana.
Ringrazio anche tutte le persone che mi sono state vicine con il cuore mentre camminavo, mio marito, la mia famiglia e gli amici che non mi hanno mai fatto mancare il loro sostegno morale.
Non dimenticherò mai questa esperienza, le persone che ho incontrato e i momenti che ho vissuto…e nemmeno il gran mal di piedi!!
Ultreya!!
Elena Indrigo